sabato 24 gennaio 2009

39 Il tacchino in Internet


Vediamo un altro errore tipico della nostra mente di fronte alla conoscenza. Internet (insieme alla tivù satellitare) stanno aggiungendo qualcosa di più evidente alla vecchia questione del pollo di Bertrand Russell. Nella sua versione più conosciuta (americanizzata) essa è raccontata come la storia di un tacchino. Questo tacchino era piuttosto felice; ogni giorno un umano si presentava dalle sue parti per dargli da mangiare. Man mano che il tempo passava, il tacchino aumentava la propria certezza che anche l’indomani, e ogni giorno a seguire, l’umano gli avrebbe portato da mangiare: dopo diversi anni non c’era oramai da dubitarne. Benediceva Dio per avergli dato questa fortuna, una vita di ozio e tranquille certezze. Ed era anche abbastanza orgoglioso del fatto di avere questa abilità di previsione: ogni giorno era in grado di prevedere con ragionevolezza che il giorno dopo avrebbe avuto da mangiare, e il giorno dopo i dati gli confermavano la sua previsione. La felicità aumentò ancora quando cominciò a notare che le razioni giornaliere aumentavano sempre di più. Finché venne la vigilia del Giorno del Ringraziamento, e al grasso tacchino accadde qualcosa che non aveva assolutamente previsto…
Si tratta, in versione favolistica, della tradizionale argomentazione sull’inaffidabilità dell’induzione: se ogni giorno il mondo va in un certo modo, nulla ci può garantire che lo farà anche domani. L’imprevisto è sempre in agguato. Si dice normalmente che sia stato Hume a porre questa questione nella maniera più forte, anche se già se ne parlava ai tempi degli Scettici nell’antica Grecia.
Nelle dinamiche della Borsa questo fenomeno è evidente. I trend (ad es. in crescita) che ci autorizzano a prevedere una crescita anche domani possono essere smentiti da un evento improvviso che causa un crollo imprevisto. Ma oggi a questa dinamica si aggiunge l’effetto di ricorsività e velocità del web. Tutti coloro che speculano in borsa (diciamo il “parco buoi”) sono costantemente collegati a siti che più o meno uniformemente consigliano se comprare, tenere o vendere un titolo. Se tutto il mondo fa riferimento più o meno allo stesso dato, il fenomeno si autoconferma e si autoincrementa. In secondo luogo, tutti quelli che speculano in Borsa operano oramai direttamente con il PC collegato alla rete e possono fare moltissime operazioni in poco tempo. Grandi numeri, ricorsività, velocità: tutte caratteristiche tipiche dei sistemi complessi. Il risultato è che il fenomeno Borsa è isterico, ipersensibile, può cambiare in modo repentino e devastante.
Tutti pensano di prevedere il futuro sulla base di dati del passato e del presente che hanno a diposizione (‘induzione del tacchino, già sufficientemente dimostrata come inaffidabile da tutta l’epistemologia). Ma non si rendono conto che in realtà stanno essi stessi contribuendo a determinare il futuro che sperano o temono. Finché tutti continuano a pensare che convenga comprare, comprano e fanno accadere ciò che sperano, ovvero la crescita dei valori dei titoli. Ma se qualcosa fa invertire il meccanismo e tutti cominciano a vendere, fanno accadere ciò che temono.
Il tacchino si mette da solo nel forno.

mercoledì 14 gennaio 2009

38 Errori tipici


Esempi lampanti di errori in cui cadiamo più o meno tutti riguardano i nostri tentativi di previsione. Ad es., molti applicano malamente la teoria dei grandi numeri alle giocate del Lotto, con l’attesa spasmodica dei numeri ritardatari. Proverò a spiegarmi con un esempio semplice, legato a giocare a testa o croce con una monetina, per fare vedere che questa tendenza del nostro cervello ad ingannarsi è comune a tutti noi.
Partiamo da due affermazioni sulle quali vi chiedo se siete d’accordo:
a) se la moneta non è truccata, la sua struttura fisica determina che ci sono 50 probabilità su cento che esca croce e al 50 che esca testa
b) su un numero molto alto di giocate (tendente a infinito) le uscite saranno per il 50% testa e per il 50% croce (legge dei grandi numeri).
Se siete d’accordo su entrambe le affermazioni, siete nel giusto. Inoltre, le due affermazioni si confermano a vicenda.
Ora, supponiamo che nelle ultime sette giocate sia sempre uscita testa. La maggior parte di noi sarà portata a credere che ci siano più probabilità che esca croce. Se anche in questa ottava giocata la monetina si fermerà su testa, le nostre aspettative che esca croce aumenteranno ancora, e così via. Esse nascono dalla consapevolezza dell’affermazione (b).
Ma se ci pensate un attimo, non potete non ammettere che la moneta è sempre la stessa dell’affermazione (a): se la moneta non è truccata, la sua struttura fisica la può fare cadere al 50% su croce e al 50% su testa anche nella prossima giocata. Non è cambiato nulla nella sua struttura fisica, per effetto delle ultime otto giocate. Un'altra cosa che, se ci pensate un attimo, vi troverà d’accordo è che se in questo momento la moneta vola in alto per la nona giocata, essa non ha nessuna memoria delle giocate precedenti, siano esse state o no tutte su croce. Insomma, ad ogni giocata le possibilità sono quelle dell’affermazione (a) e attendersi qualcosa di diverso giocando cifre irragionevoli su “croce ritardataria” non è assolutamente ragionevole. Eppure è quello che fanno centinaia di migliaia di persona giocando al loto sui numeri in ritardo.

venerdì 9 gennaio 2009

37 Un cervello inadatto alla complessità


Questo blog ha iniziato parlando di complessità. Poi il filo dei ragionamenti ci ha portato a parlare di quel sistema complesso per eccellenza che è Internet.
Torniamo ora, a inizio 2009, ad occuparci per un poco del tema della complessità in relazione a come funziona il nostro cervello.
Da diversi anni, oramai, il Premio Nobel Herbert Simon ci ha chiarito che la mente umana non è strutturata per costruire visioni complete ed esaustive dei sistemi che osserva, e a maggior ragione di quelli nei quali vive. Difficilmente ci costruiamo una visione d’insieme, anzi possiamo dire che è impossibile. La ragione umana non è uno strumento “per elaborare e prevedere l’equilibrio generale dell’interso sistema mondo, o per cercare un potente modello generale che tenga conto di tutte le variabili”. Essa è piuttosto uno strumento per muoversi in piccole nicchie, per esplorare piccoli pezzi o singoli problemi. E lo fa utilizzando delle “euristiche” che funzionano abbastanza bene, ma che non hanno nulla di scientifico.