domenica 30 marzo 2008

7 QUALCOSA SEMPRE SFUGGE

Dunque della complessità non si può dare alcune definizione?
Non credo, e vorrei tentare almeno di segnalare alcuni punti che mi sembrano utili per diradare un po’ le nebbie attorno ad un concetto che a volte è rimasto colpevolmente nel vago.
Intanto, occorre dire che vi sono due diversi livelli a cui si può tentare di spiegare cosa significa complessità nell’epistemologia contemporanea.
Il primo livello riguarda il fatto che tutte le scienze contemporanee hanno incominciato, quale prima quale dopo, a ragionare e a lavorare con approcci e concetti di tipo sistemico. I sistemi sono divenuti oggetto delle analisi e delle progettazioni in campi diversi, come la biologia, la psicologia, la sociologia, l’ingegneria, la linguistica, l’economia, la politica, la fisica, la matematica, l’ecologia, la medicina, la chimica.
E ben presto questi sistemi hanno cominciato a manifestarsi, mano a mano che se approfondivano le osservazioni, sempre più complessi, nel senso della grande quantità, diversità e correlazione delle variabili che li costituiscono.
Questo è il primo concetto, il più banale, di complessità.
Ma esso implica direttamente il secondo livello, attinente alla difficoltà, per l’uomo, di ridurre questi sistemi complessi in proprio potere con operazioni semplici; l’uomo ha dovuto osservare che, mano a mano che il suo intervento su di essi aumentava, tali sistemi presentavano sempre qualche cosa di sfuggente, di ulteriore, una nuova frontiera, un comportamento imprevisto.
Questo è il secondo e più interessante livello cui si può tentare di spiegare cos’è la complessità.

giovedì 27 marzo 2008

6. LA SFIDA DELLA COMPLESSITÀ

Dopo qualche spunto sull'embodied mind, iniziamo oggi un percorso sulla complessità.
Quello della complessità è da alcuni considerato un insieme di approcci sufficientemente coerente da potere parlare, se non proprio di una scuola, quanto meno di una sfida comune ad una serie di epistemologi e scienziati contemporanei. Da questo punto di vista, avrebbe senso collocare, in una sorta di storia dell’epistemologia, l’approccio della complessità come uno dei più recenti esiti, dopo scuole più antiche, come quella classica o quella idealistica, quella spiritualistica e quella positivista, neopositivista e post-positivista.
Noi preferiamo considerare quella della complessità una questione di fondo dell’epistemologia, una “sfida”, come giustamente la definiscono Bocchi e Ceruti nella raccolta di saggi da loro curata (La sfida della complessità, 1985, Feltrinelli) che in buona misura ha costituito il più significativo punto di riferimento di questo approccio in Italia.
Per capire di quale questione si tratti dovremmo preliminarmente cercare una definizione di complessità. Eppure proprio uno dei grandi maestri di questa sfida, Edgar Morin, ci avverte che “vi sono due difficoltà preliminari”, la prima legata al fatto che “il termine non possiede uno statuto epistemologico”, mentre la seconda “è di ordine semantico. Se si potesse definire la complessità in maniera chiara, ne verrebbe evidentemente che il termine non sarebbe più complesso.”

domenica 2 marzo 2008

5. APPRENDIMENTO EMOZIONALE

È dimostrato che un apprendimento duraturo è quello che si fonda non solo su una comprensione intellettuale, ma anche e soprattutto su un’esperienza emotiva.
Lo sapevano già gli antichi, come testimoniano le più lontane tecniche menmoniche. E lo sa ognuno di noi: i ricordi più forti e intramontabili sono prevalentemente ricordi di emozioni.
Il nostro cervello è un vero “radar” emotivo.
Vi è un luogo della nostra civiltà in cui fortemente crescono le emozioni: l’arte.
Il nostro gruppo usa il metodo di apprendimento emozionale, che si fonda sull’uso dell’arte. In particolare:
- proiezioni di opere d’arte figurativa (quadri e sculture)
- proiezioni di selezioni di film
- ascolto di musica
- lettura comune di brani di testi poetici, letterari.
Seguono naturalmente: discussioni e estrazione induttiva di insegnamenti generali.