giovedì 27 marzo 2008

6. LA SFIDA DELLA COMPLESSITÀ

Dopo qualche spunto sull'embodied mind, iniziamo oggi un percorso sulla complessità.
Quello della complessità è da alcuni considerato un insieme di approcci sufficientemente coerente da potere parlare, se non proprio di una scuola, quanto meno di una sfida comune ad una serie di epistemologi e scienziati contemporanei. Da questo punto di vista, avrebbe senso collocare, in una sorta di storia dell’epistemologia, l’approccio della complessità come uno dei più recenti esiti, dopo scuole più antiche, come quella classica o quella idealistica, quella spiritualistica e quella positivista, neopositivista e post-positivista.
Noi preferiamo considerare quella della complessità una questione di fondo dell’epistemologia, una “sfida”, come giustamente la definiscono Bocchi e Ceruti nella raccolta di saggi da loro curata (La sfida della complessità, 1985, Feltrinelli) che in buona misura ha costituito il più significativo punto di riferimento di questo approccio in Italia.
Per capire di quale questione si tratti dovremmo preliminarmente cercare una definizione di complessità. Eppure proprio uno dei grandi maestri di questa sfida, Edgar Morin, ci avverte che “vi sono due difficoltà preliminari”, la prima legata al fatto che “il termine non possiede uno statuto epistemologico”, mentre la seconda “è di ordine semantico. Se si potesse definire la complessità in maniera chiara, ne verrebbe evidentemente che il termine non sarebbe più complesso.”

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