domenica 9 novembre 2008

28 Semplicità e complessità

L’articolo di Nicholas Carr che ho citato nel post precedente ha scatenato in questi mesi un dibattito ricco di ramificazioni. Una di queste riguarda la complessità.
Mentre la complessità è diventata uno dei pezzi fondamentali del DNA della scienza contemporanea, sembra stare scomparendo nella consapevolezza del vivere quotidiano.
Leggere un libro ci costringe alla fatica, alla concentrazione, alla pazienza. Richiede tempo.
La lettura prevalente di oggi è superficiale, veloce, interrotta continuamente, spesso deviata e deviante, spesso ignara dei contesti e delle ramificazioni che abbiamo percorso.
Ma la complessità è una caratteristica dell’oggetto osservato o del soggetto osservante?
Perché se siamo nel secondo caso, ha ragione chi, come Carr, tira il segnale d’allarme: il nostro cervello, come il nostro linguaggio, si sta pericolosamente semplificando. Ciò non ci rende più capaci, ma più semplicistici, più superficiali. “Una volta –dice Carr- facevo il sub in un mare di parole. Adesso surfo la superficie.”
Ma se siamo nel primo dei due casi (la complessità è una caratteristica dell’oggetto osservato), potrebbe darsi che il nostro nuovo modo di muoverci tra i link sia un buon nuovo modo di rispondere alla sfida della complessità.

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