mercoledì 2 aprile 2008

8 ANTIMECCANICISMO

Abbiamo visto che ci sono due livelli di concezione della complessità: uno riguarda la grande quantità di variabili in gioco (più che complessità potremmo parlare di complicazione); il secondo individua la complessità nel fatto che, in un sistema, abbiamo sempre una parte che sfugge al controllo, alla previsione, alla modellazione.
Possiamo dire che questo livello è una grande novità del nostro secolo, e celebra definitivamente il crollo del mito della razionalità totale, della certezza, dell'onnicomprensività, della predittività assoluta della scienza: un universo incerto si delinea per tutte le branche della conoscenza.
A questo livello, quello della complessità è un approccio antimeccanicista e olista che in modo più o meno consapevole accomuna in modo trasversale studi come, ad esempio, quelli sul concetto di organizzazione di W.R. Ashby, sulla teoria dei sistemi osservanti di H. Von Foerster, sulla cibernetica di N. Wiener, sull’autopoiesi nei sistemi biologici di H. Maturana e F. Varela, sull’ecologia della mente di G. Bateson, sull’epistemologia genetica di J. Piaget, sull’ecologia della Terra (“Gaja”) di J. Lovelock, sui sistemi sociali chiusi di N. Luhmann, sull’olismo epistemologico di E. Morin, e molti altri.
Noi oggi chiamiamo “complessità” proprio il comune terreno epistemologico, la comune sfida che queste diverse discipline stanno affrontando, cambiando radicalmente il proprio modo di porsi di fronte ai problemi, rispetto alla tradizione scientifica classica.

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